Prelazione agraria, novità giurisprudenziali
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Contributo scritto dall’Avv. Riccardo Martinoli
La compravendita dei fondi rustici (con ciò intendendosi terreni agricoli a cui possono o meno accedere fabbricati pertinenziali, o comunque accessori alle attività agrarie) è soggetta alla possibilità che il coltivatore diretto, affittuario o proprietario confinante del fondo offerto in vendita, eserciti il diritto di prelazione attribuitogli dalla legge. A garanzia della preferenza accordata ai coltivatori della terra nell’acquisto di fondi destinati all’attività agricola, il legislatore ha inteso munire di particolare tutela il prelazionario attribuendogli, in caso di violazione della prelazione, il diritto di riscatto nei confronti del terzo acquirente del fondo, da esercitarsi entro un anno dalla trascrizione dell’intervenuto atto d’acquisto.
Requisiti oggettivi e soggettivi del prelazionario, onere probatorio
Nel tempo la giurisprudenza ha “ridisegnato” i confini del diritto di prelazione agraria, sancendo un’applicazione restrittiva dei requisiti oggettivi e soggettivi che il prelazionario deve dimostrare per essere titolare del diritto di prelazione, ovvero del succedaneo diritto di riscatto, in particolare ancora di recente la Corte di Cassazione ha ribadito che il diritto di prelazione spetta al coltivatore, quale lavoratore del bene terra, così escludendo che possa essere beneficiario del diritto di prelazione colui che, pur coltivando il fondo, si dedichi prevalentemente o esclusivamente all’allevamento degli animali: con riferimento al diritto di prelazione e riscatto agrario la qualifica di coltivatore diretto deve essere intesa in senso restrittivo propriamente in funzione alla coltivazione della terra, dunque non sussiste in capo a chi si dedica in via esclusiva o assolutamente prevalente al governo o all’allevamento degli animali (Cass. sez. Vi civ., 7 gennaio 2021, n. 42). All’accennata applicazione restrittiva delle norme attributive del diritto di prelazione si riconduce anche lo specifico onere probatorio che grava sul prelazionario – riscattante, circa la dimostrazione in giudizio dei requisiti costitutivi dell’asseritamente violato diritto di prelazione: il proprietario confinante che intende esercitare il riscatto agrario nei confronti dell’acquirente di alcuni fondi riusciti, trasferiti in violazione del proprio diritto di prelazione ex art. 7 legge 817/1971 e art. 8 legge 590/1965, deve dimostrare la titolarità di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge: la qualifica di coltivatore diretto secondo il disposto dell’art. 31 legge 590/1965; la coltivazione biennale del fondo agricolo posto a confine, il possesso della forza lavorativa adeguata e il non aver effettuato vendite di fondi rustici nel biennio precedente (Tribunale di Alessandria, sez. I, civ., 29 settembre 2020, n. 539) nello stesso senso nella giurisprudenza di legittimità: grava sul retraente l’onere di dimostrare l’insussistenza della condizione impeditiva all’attribuzione del diritto di prelazione circa lo stabile insediamento di un coltivatore diretto sul fondo oggetto di compravendita, senza che possa trovare applicazione il principio di vicinanza della prova non invocabile allorquando le circostanze da provare rientrino nella piena conoscibilità ed accessibilità di entrambe le parti (Cass. sez. III, civ., 11 marzo 2020, n. 7023).
La Suprema Corte ha anche cercato di fornire una risposta circa la spettanza del diritto di prelazione del proprietario confinante allorquando in vendita venga offerto un complesso ti terreni, ma solo in parti confinanti con un terreno di proprietà di un coltivatore: ai fini della prelazione e del riscatto agrario ai sensi della legge 590/1965 e 817/1971 per fondo deve intendersi un’estensione che abbia una propria autonomia colturale e produttiva. Nel caso di vendita di un complesso di terreni attigui tra loro e confinanti tra loro solo in parte con un fondo appartenente ad un coltivatore diretto, per stabilire se il diritto di prelazione debba essere esercitato in relazione a tutti i terreni oggetto della verdiva, ovvero soltanto a quelli a confine con la proprietà dell’avente diritto alla prelazione, devesi accertare se quelli costituiscono un’unità poderale, oppure un insieme di porzioni distinte e indipendenti l’una dall’altra (Cass., sez. III, civ., 21 febbraio 2020, n. 4685). Sotto il profilo strettamente soggettivo nel caso del diritto di prelazione attribuito all’affittuario del fondo: è necessario che il fondo venga coltivato da almeno due anni in virtù di un valido titolo idoneo a giustificare la coltivazione diretta, non potendo attribuirsi rilevanza alla coltivazione in sé considerata (Cass, sez. III, civ., 8 gennaio 2020, n. 123).
Riscatto agrario decorrenza del termine per il pagamento del prezzo
La legge di interpretazione autentica 8 febbraio 1979, n. 2 dispone che colui che ha esercitato il diritto di riscatto di un fondo agrario è tenuto a pagare il prezzo di acquisto (quello previsto nel contratto di compravendita) nel termine di tre mesi decorrente o dall’accordo con il terzo acquirente, ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto: la Corte di Cassazione precisa che: accolta con sentenza passata in giudicato la domanda di riscatto di un fondo rustico, il termine di tre mesi prescritto dall’articolo 1 della legge n. 2 del 1979 per effettuare il pagamento del prezzo inizia a decorrere dal momento della effettiva conoscibilità della sentenza (Cass. sez. III civ., 26 maggio 2020, n.9673).
Riscatto e agevolazioni fiscali relative all’acquisto di proprietà agricole
Sempre con riferimento all‘esercizio del diritto di riscatto, la giurisprudenza si è soffermata anche sulla disciplina delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto di terreni agricoli da parte di soggetti coltivatori, precisando che: l’acquirente di un fondo rustico che abbia esercitato il riscatto agrario avvalendosi delle agevolazioni fiscali relative all’acquisto della piccola proprietà contadina e che entro un quinquennio successivo affitti il bene a terzi decade dal trattamento agevolativo, indipendentemente dal fatto che l’esercizio del diritto di riscatto comporti la sostituzione del riscattante nella posizione dell’originario acquirente con effetto retroattivo, essendo necessario ai sensi dell’art. 7 della legge n. 604 del 1954, che egli provveda per cinque anni alla coltivazione diretta del fondo (Cass sez. trib., 10 febbraio 2021, n. 3260).
Contratti agrari
La disciplina dei contratti agrari ha conosciuto una vera e propria “rivoluzione” con la legge n. 203 del 3 maggio 1982, ancora oggi considerata la legge fondamentale in materia. Nonostante siano passati quasi quarant’anni dall’ introduzione della ricordata legge, il contenzioso in materia è ancora attuale. In aprticolare con riferimento alle migliorie che il conduttore coltivatore si segnala la statuizione del Tribunale di Savona secondo cui: il diritto dell’affittuario all’indennità per le migliorie effettuate sul fondo ai sensi dell’art. 17 legge 203/1982 sussiste solo ove tali migliorie siano state preventivamente approvate dal concedente, ovvero l’autorizzazione dall’Ispettorato provinciale dell’agricoltura (Trib. di Savona 16 dicembre 2020). Anche in tema di disdetta si segnala un recente arresto della Suprema Corte, che ribadisce la necessità della forma scritta della comunicazione attraverso la quale il concedente deve manifestare la propria volontà di non rinnovare il rapporto agrario.
Aspetti processuali delle controversie agrarie
Sezione Specializzata agraria
Ai sensi del D.lgs n. 150 del 1 settembre 2011, tutte le controversie in materia di contratti agrari o riguardanti la conversione dei contratti associativi in affitto sono attribuite alla competenza delle Sezioni Specializzate agrarie. La Corte di Cassazione – nel ribadire che la questione di competenza del Giudice agrario non è una semplice questione di riparto interno di Uffici giudiziari, bensì una questione di competenza – ha dichiarato inammissibile il regolamento di competenza proposto nei confronti del provvedimento del Presidente del Tribunale che conferma l’assegnazione della causa al Giudice specializzato: ove la sezione agraria rimetta la causa al Presidente del tribunale affinché sia assegnata alla sezione ordinaria tabellarmente competente del medesimo tribunale sul presupposto che il giudizio non abbia ad oggetto una controversia agraria, è inammissibile il regolamento di competenza avverso il provvedimento presidenziale di conferma dell’assegnazione alla sezione specializzata, trattandosi di pronuncia avente carattere ordinatorio interno, a valenza meramente amministrativa e priva di natura decisoria sulla competenza.